Una testa mozzata

Kingdom of Fife
di Irvine Welsh
2008, Guanda



Jason King è un ex-fantino disoccupato, che vive tra interminabili partite di Subbuteo, di cui è niente meno che campione regionale, un vero e proprio Re del Gioco, il sussidio di disoccupazione e il pub in cui si incontra con gli amici per bere boccali di "oro nero", spettegolare sulle locali ragazze e fantasticare. Suo padre è un socialista che ha scoperto i gangsta rapper americani, che per lui incarnano la vera anima della protesta: "C'e dentro più politica nelle parole di 50 Cent che in cento dischi di quel finocchio di hippy che senti tu!", dice riferendosi al Cat Stevens che ascolta il figlio nei momenti di introspezione.
Jason King, a parte il calcio che venera come una religione, ha una passione per la pornografia, la masturbazione, l'alcol e le ragazzette della buona società in pantaloni aderenti da fantino, tutto materiale masturbatorio di prima qualità. Ed è proprio per una di queste ragazzette, Jenni Cahill, figlia di un imprenditore della zona, che il fantino perderà la testa. All'inizio lei non sembra troppo entusiasta di ricambiare le attenzioni di quel "nanerottolo schifoso" di Jason. Ma si sa, al cuor non sempre si comanda...

Ecco a voi l'amore secondo Irvine Welsh: una storia romantica, tragica, sboccata e molto divertente; un racconto - o un romanzo breve, fate voi - in cui il celebre autore non lesina volgarità assortite, personaggi memorabili (il padre ed il prete, grandiosi), dialoghi e monologhi surreali e il più delle volte osceni e molto gustosi.

All'inizio è proprio il linguaggio e l'alternarsi di due voci interiori così diverse ma accumunate da una stessa rabbia e insoddisfazione a impedire una certa immedesimazione da parte del lettore occasionale (o di chi non è avvezzo allo stile di Welsh). Ma basta superare questo primo scoglio, per essere trascinati dal flusso dei personaggi e dalla loro vitalità giovanile.
Alternando infatti le due voci di Jason e Jenni, emerge un ritratto di un mondo giovanile mai così vero e appassionato; che sia scozzese, romano, giapponese o iraniano non importa, vista l'universalità di certi argomenti e sentimenti. Lo slang veloce, volgare, frammentato e sgrammaticato che i personaggi parlano è pura poesia giovanile metropolitana, ma soprattutto è reale e quotidiana, lontanissima da - tanto per dirne una - il romanticismo tarocco di un Moccia.

Meno incisivo di altri suoi romanzi (Colla, Il lercio e Trainspotting sono lontani), ma comunque godibilissimo. Complimenti a Massimo Bocchiola, il traduttore, capace di ricreare e rendere credibile il gergo impossibile di Welsh.

Nota a margine: Inizialmente il racconto faceva parte di una raccolta di altri cinque scritti, If you liked school, you’ll love work, ora, era veramente così impossibile presentare tutta la raccolta nella sua interezza invece di dare alla stampa come singolo romanzo quello che effettivamente è un romanzo breve? Ok, è un'ottima mossa commerciale, ma trattare il lettore, e il fan di Welsh, con un po' di rispetto, no, eh?

Commenti

  1. Ciao collega (sono giornalista anch'io),
    capito qui per ricambiare la tua visita dell'altro giorno e in che cosa m'imbatto? Il vecchio Welsh!!
    Che, nota a margine, adoro.
    Da quando ho letto "Il lercio" è stato amore a prima vista e non l'ho più mollato.

    Tornerò presto a curiosare ancora tra i post.

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  2. Rispetto per il lettore? Mai e poi mai, è passato di moda, se mai c'è stato.

    Ultimamente ho bisogno di letture veloci, quasi quasi lo metto in lista.

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  3. @ Mr. Hamlin: Il Lercio è su un altro pianeta, insieme a Colla, ma questo può essere un diversivo in attesa di qualcosa di più sostanzioso da parte di Welsh

    @ Willy: Forse hai ragione, forse non c'è mai stato... ma che tristezza!!

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  4. Allora definiamolo uno stuzzichino.
    Che, ovviamente, vedrò di non farmi mancare!

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